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Intervento di protesi d’anca, un vademecum per i pazienti

Prima di affrontare un intervento chirurgico è sempre importante conoscere nel dettaglio cosa accade prima, durante e dopo l’operazione. Sapere significa essere preparati ad ogni evenienza e riuscire a trarre dall’intervento il massimo dei benefici. Qui di seguito un breve vademecum adatto a tutti i pazienti che si trovano ad affrontare questo tipo di procedura chirurgica.

 

Perché si impianta una protesi d’anca?

L’anca, come tutte le altre articolazioni, può essere soggetta a usura, sia per la normale degenerazione dovuta allo scorrere del tempo sia per l’azione di alcune patologie la più comune delle quali è l’artrosi. Quando si impianta una protesi d’anca infatti si vanno a sostituire le porzioni ossee danneggiate che determinano 

 

  • una sintomatologia dolorosa che non risponde ai trattamenti conservativi 
  • una diminuzione importante della funzionalità
  • una riduzione della mobilità articolare.

 

I compartimenti ossei che si vanno a sostituire sono la testa del femore e l’acetabolo, quella cavità che si trova all’interno del bacino e che contiene la testa del femore stessa.

 

Gli esami da effettuare

È l’ortopedico a suggerire gli esami diagnostici da effettuare per stabilire se sia necessario o meno intervenire chirurgicamente. In sede di visita, dopo aver sottoposto il paziente ad anamnesi e ad alcuni test funzionali specifici, prima di stabilire in via definitiva l’opportunità dell’intervento, il chirurgo prescrive degli esami di diagnostica per immagini. L’esame più importante è rappresentato dalla radiografia del bacino in carico: attraverso le immagini RX è possibile valutare se lo spazio tra le ossa sia assottigliato, sintomo chiaro di mancanza di cartilagine, e se siano presenti formazioni ossee (dette becchi o osteofiti) che sono tra le più comuni evidenze dell’artrosi. Per approfondire l’indagine, in alcuni casi vengono prescritte la risonanza magnetica nucleare e/o la TAC in casi di particolari deformità come nella DCA (Displasia Congenita dell’Anca) e nei casi post traumatici.

 

Preparazione all’intervento

Per un intervento di impianto di protesi d’anca non è necessaria nessuna particolare preparazione. È altresì vero che molti medici consigliano prima dell’intervento di perdere l’eventuale peso in eccesso che potrebbe danneggiare la protesi una volta impiantata favorendone l’usura, oltre a rendere tecnicamente più complesso l’intervento visto che lo strato adiposo può complicare non di poco l’accesso all’articolazione da parte del chirurgo.

Un altro consiglio che alcuni medici danno ai loro pazienti è quello di sottoporsi ad alcune sedute di fisioterapia pre-intervento, specie se il paziente conduce una vita particolarmente sedentaria: una muscolatura tonica e reattiva renderà molto più semplice e rapida la riabilitazione.

Prima dell’intervento viene effettuata una visita con l’anestesista durante la quale sarà cura del paziente segnalare eventuali allergie ai farmaci. 

 

In sala operatoria

L’intervento si svolge in anestesia totale o peridurale e prevede la sostituzione della testa del femore e dell’acetabolo con delle componenti artificiali che possono essere costituite da leghe metalliche o ceramica e da materiale plastico, in genere polietilene, per le superfici di scorrimento.

L’operazione si può svolgere in maniera diversa a seconda della tecnica chirurgica prescelta. La differenza più significativa è rappresentata dalla via d’accesso. Accanto alle più classiche vie laterale e postero-laterale, negli ultimi tempi si va sempre più diffondendo l’utilizzo della via anteriore diretta che garantisce notevoli vantaggi in termini di risparmio tissutale, ma che non è applicabile su tutti i pazienti, ad esempio è sconsigliata su persone obese o con massa muscolare particolarmente sviluppata.

La durata di un intervento standard è di circa un’ora che però arriva a quasi tre ore se consideriamo il tempo di permanenza del paziente in sala operatoria prima e dopo la procedura chirurgica vera e propria, da quando si effettua l’anestesia al risveglio.

 

Dopo l’intervento

Dopo l’intervento il paziente rimane all’interno della struttura ospedaliera per circa una settimana. È importante sottolineare come la protesi d’anca ben si adatti al protocollo “fast track” che, in casi attentamente selezionati, può prevedere tempi di degenza molto ridotti grazie a un programma multidisciplinare di cui ti ho parlato qui. In ogni caso oggigiorno il paziente viene fatto alzare in piedi molto precocemente, a volte addirittura il giorno stesso dell’intervento, annullando di fatto totalmente il periodo di immobilizzazione dell’arto.

Il programma di riabilitazione inizia dunque fin dalle primissime ore dopo l’operazione e dev’essere seguito in maniera continuativa per diverse settimane. La buona riuscita dell’intervento è legata tanto alla buona tecnica con cui si esegue la procedura quanto all’impegno del paziente nel seguire i dettami di medico e fisioterapista, anche nelle piccole attenzioni da porre sui gesti della vita quotidiana una volta a casa.

 

Aspettative di vita della protesi

I nuovi materiali che vengono utilizzati per gli impianti sono molto più longevi di un tempo. La durata media di una protesi d’anca si aggira intorno ai 20-25 anni, ma può arrivare anche a 30 anni o più. Lo stile di vita del paziente ha un’influenza decisiva sulla durata dell’impianto: attività pesanti e sport ad alto impatto sull’articolazione così come un peso corporeo eccessivo riducono senz’altro la durata della protesi perché favoriscono il consumo delle sue componenti.

8 Gennaio 2024 Anca, Chirurgia Protesica
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