La mia attività chirurgica, che mi ha visto svolgere più di 1.500 interventi come primo operatore, è contraddistinta da una forte preponderanza degli impianti protesici.

Chirurgia protesica del ginocchio

Tra le principali indicazioni della chirurgia protesica del ginocchio troviamo l’artrosi, patologia che si contraddistingue per una degenerazione cronica e progressiva della cartilagine che riveste femore e tibia. Spesso, è coinvolta anche quella della rotula.

  1. Anche nel caso del ginocchio si può parlare di:
    • Artrosi primitiva, patologia che colpisce generalmente tutti i settori del ginocchio. La degenerazione articolare può riguardare anche altri distretti del corpo, come per esempio le mani. Tornando al caso specifico del ginocchio, ricordo che può avere un ruolo preponderante l’eccessivo carico articolare dovuto al sovrappeso.
    • Artrosi secondaria, ossia una situazione patologica in cui la degenerazione articolare coinvolge una determinata parte dell’articolazione. In questo frangente, tra i fattori scatenanti è possibile includere traumi come fratture articolari e rottura inveterata dei crociati. Da non dimenticare sono anche le problematiche insorte in seguito all’esecuzione di interventi chirurgici con approcci tecnici non all’avanguardia. Più rari ma comunque esistenti sono i casi di artrosi secondaria causata da patologie di natura dismetabolica.

    In entrambi i casi, ad allargare il quadro intervengono deformità come il varismo e il valgismo del ginocchio. A seconda dei compartimenti articolari coinvolti dalla degenerazione cartilaginea, la protesi al ginocchio può essere:

    • Totale
    • Monocompartimentale

    La protesi monocompartimentale al ginocchio prevede un approccio conservativo particolarmente vantaggioso per il paziente. L’atto chirurgico è infatti contraddistinto da una minor invasività, a partire dall’incisione. In virtù della minor perdita ematica, è decisamente bassa la frequenza di auto trasfusioni. Da citare è anche il sacrificio più contenuto di tessuto osseo, che consente di sperimentare un minor dolore peri e post operatorio, il che si traduce in un recupero più rapido.

    Ad essere risparmiato è anche l’apparato legamentoso, per non parlare dell’articolazione femoro-rotulea. Questo approccio, oltre ai vantaggi sopra ricordati, garantisce anche un minor rischio di trombosi venosa e sepsi. In virtù della mancanza di offesa al tessuto osseo, è possibile utilizzare il polietilene per la componente tibiale dell’impianto protesico.

    Tecnica più complicata rispetto a quella di impianto della protesi totale al ginocchio, richiede un’accurata selezione del paziente. Tra le indicazioni elettive principali ricordo:

    • Artrosi monocopartimentale contraddistinta dal mancato coinvolgimento del comparto controlaterale
    • Mancanza di dolore a riposo
    • Assenza di lassità anteriore
    • BMI < 32

    Per quanto riguarda l’età, l’indicazione elettiva principale prevede che il paziente abbia superato i 60 anni. L’impianto sotto questa soglia anagrafica è comunque possibile. Si tratta però di casi legati agli esiti poco positivi di osteotomie, alla frattura del piatto tibiale, ma anche a interventi chirurgici non andati a buon fine.

    Il percorso di riabilitazione è fortemente influenzato da fattori come:

    • Età del paziente
    • Tipologie di protesi
    • Precedenti storie di chirurgia al ginocchio
    • Stato di salute generale

    Dal giorno stesso dell’intervento si inizia con la mobilizzazione passiva assistita del ginocchio (fisioterapista/Kinetec).

    Dopo un paio di giorni, si dà il via a esercizi mirati al rinforzo muscolare e, con il tempo, procedere a un incremento progressivo del range di movimento del ginocchio. Inoltre, già dal giorno successivo all’operazione è possibile iniziare a camminare, ricorrendo ad ausili come le stampelle o il deambulatore.

    La ripresa dell’attività sportiva andrà valutata di caso in caso sia dal punto di vista delle tempistiche, sia per quel che concerne l’intensità. Per ottimizzare il tono muscolare è molto utile ricorrere alla cyclette. Utilizzabile già all’inizio del decorso, dovrebbe essere tenuta con il sellino alto. Man mano che si procede con il percorso riabilitativo, si può abbassare il sellino e aumentare la resistenza.

Chirurgia protesica dell’anca

La chirurgia protesica dell’anca trova indicazione nelle situazioni di degenerazione artrosica di livello avanzato (a essere coinvolta dal processo è la cartilagine articolare dell’anca) e, nello specifico, nei casi in cui i trattamenti conservativi non sono riusciti a migliorare la qualità della vita del paziente.

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    Caratterizzata dal dolore come sintomo principale, l’artrosi dell’anca può essere:

    • Primitiva, ossia dovuta in particolare all’invecchiamento dell’articolazione o al suo eccessivo sovraccarico;
    • Secondaria, ossia causata dalle conseguenze di traumi o malformazioni.

    L’impianto di protesi all’anca si contraddistingue per un approccio sempre meno invasivo, caratterizzato innanzitutto da un’incisione chirurgica più contenuta. Il chirurgo, però, non si limita a questo. Per parlare correttamente di mini invasività nell’ambito della protesi all’anca è necessario considerare anche il risparmio dei tessuti e dei muscoli.

    Con la chirurgia mini invasiva per la protesi dell’anca è inoltre possibile sperimentare una minor perdita di sangue, che si traduce in una più bassa necessità di auto trasfusione.

    Articolazione artificiale che consente di sostituire quella naturale ormai rovinata, La protesi all’anca è formata da:

    • Coppa
    • Stelo.

    Queste due componenti, nel corso dell’atto chirurgico, vengono inserite rispettivamente nell’acetabolo e nell’osso femorale. Da ricordare è anche la presenza, sullo stelo, della cosiddetta testina protesica. Quest’ultima dovrà poi articolarsi alla perfezione con la superficie interna della coppa acetabolare.

    Per quanto riguarda i materiali, ricordo che la protesi all’anca è composta da:

    • Titanio, materiale dello stelo che scende nel canale femorale e della parte esterna della coppa acetabolare:
    • Polietilene/ceramica per la parte interna della suddetta coppa. La scelta tra questi due materiali cambia a seconda dell’età del paziente e della sua professione.

    Durante l’atto chirurgico di impianto faccio ricorso alla via di accesso postero-laterale, che consente un’esposizione ampia, ideale soprattutto nei casi di grave deformità. Dal momento che la muscolatura glutea non viene disinserita, il paziente può apprezzare un percorso di riabilitazione rapido.

    Dopo l’intervento, il paziente deve seguire alcune accortezze. In tal modo, riuscirà a rendere più agevole e meno fastidioso il decorso post operatorio. In seguito a un intervento di protesi all’anca con accesso postero-laterale è consigliabile:

    • Non incrociare mai le gambe quando ci si corica;
    • Quando ci si trova in posizione supina, tenere un cuscino ripiegato tra le cosce, così da facilitare l’abduzione degli arti;
    • Quando ci si corica sul fianco, evitare categoricamente di ruotare verso l’interno l’arto sottoposto all’intervento chirurgico. Anche in tale situazione, è opportuno tenere un cuscino ripiegato tra le cosce.

    Per i primi tre mesi è inoltre opportuno non accovacciarsi, così da contrastare la complicanza della lussazione. Molto utile per la convalescenza domestica è l’acquisto di un rialzo per il WC se questo risulta troppo basso.

Chirurgia protesica della spalla

La chirurgia della spalla è una scelta che trova indicazione in diverse situazioni. Tra queste è possibile includere:

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        • Artrosi della spalla, ossia la patologia che si contraddistingue per la degenerazione della cartilagine articolare tra omero e scapola. Tale quadro è caratterizzato da deformazioni a carico delle superfici articolari, condizione che determina la formazione di osteofiti.
        • Artropatia da lesione inveterata della cuffia dei rotatori, condizione in cui l’omero risale verso l’alto comportando una perdita della centrazione con la glena.

       

    • Necrosi della testa omerale.
    • Malattie reumatiche come artrite reumatoide.
    • Esiti di fratture che determinano una deformazione dell’articolazione.

    • Un caso molto particolare da citare riguarda alcune fratture dell’omero prossimale. In tali frangenti, non essendoci modo di procedere alla ricostruzione di un’articolazione funzionale, si procede all’impianto immediato di una protesi.Nelle situazioni in cui una delle patologie sopra elencate si manifesta con un dolore intenso tale da compromettere la qualità della vita del soggetto, ci si trova davanti all’indicazione perfetta per l’impianto di una protesi della spalla.Le soluzioni specifiche per chi necessita di una protesi della spalla sono diverse. Il chirurgo deve innanzitutto capire se il paziente ha le indicazioni per:

      • Protesi totale, intervento di riferimento nei casi in cui è necessario sostituire entrambi i versanti dell’articolazione, ossia la testa omerale e la glena scapolare;
      • Protesi parziale, intervento che prevede solo la sostituzione della testa omerale. In questo specifico caso, si parla di emiartroplastica.
      • Protesi inversa, caso indicato per i pazienti che presentano particolari lesioni a carico della cuffia dei rotatori. La protesi inversa, inoltre, è indicata in caso di grave artrosi all’articolazione. Il nome deriva dal fatto che questa protesi si contraddistingue per l’inversione della concavità e della convessità articolari. Ciò avviene grazie al fissaggio di una sfera di metallo alla glena. La testa omerale viene invece sostituita da una superficie concava.
      • Protesi emicefalica, ossia un intervento contraddistinto dalla sostituzione della superficie articolare della testa omerale.

      Dopo l’intervento, il recupero è soggettivo a seconda delle condizioni e dell’età del paziente. Rimane comunque centrale l’esecuzione di esercizi finalizzati a recuperare la funzionalità. Se si seguono bene le indicazioni, già dopo 2/3 settimane dall’intervento è possibile svolgere autonomamente attività normalissime, come per esempio mangiare.